IL FONDO DI ROBERTO MENIA: E’SEMPRE PIU’ POPOLO VS PALAZZO

cameraDi Roberto Menia

Sarà che l’Italia è il paese della fantasia, ma neanche una mente dotata di un’immaginazione molto fervida poteva davvero predire quanto fin qui accaduto a seguito delle elezioni del 4 marzo … e chissà che potrà accadere ancora.

Il rebus pareva irrisolvibile all’indomani dell’apertura delle urne, con il partito del “vaffa” per antonomasia, i 5stelle, primo col 33%, secondo però per 5 punti alla coalizione di centrodestra, in cui Salvini batteva per la prima volta Berlusconi in un derby tutto interno ma destinato a cambiare un’epoca. Mestamente ultimo il centrosinistra renziano con un partito a pezzi e un futuro assai incerto.

Dopo alcune settimane di tira e molla inconcludenti ecco prospettarsi la possibilità di una soluzione che pochi davano per possibile, cioè un governo “gialloverde”, tra Lega e cinque stelle che si erano avversati in campagna elettorale e che trovavano improvvisamente una via comune scrivendo assieme un “contratto” di governo (libro dei sogni per qualcuno) che prevedeva l’abolizione della riforma Fornero sulle pensioni, il pugno di ferro contro l’immigrazione clandestina, il reddito di cittadinanza per i meno abbienti.

I due partiti indicavano comunemente al Capo dello Stato il loro candidato Premier, il professor Conte, e all’84^ giorno di crisi (la più lunga della Repubblica), all’atto della nascita ufficiale del governo con la nomina ufficiale dei ministri, ecco sfasciarsi tutto.

Il professor Savona, già ministro della Repubblica con Ciampi, ma ora sgradito “ai mercati”, a Berlino e Bruxelles per le sue posizioni ferocemente critiche sulla moneta unica, con urticanti note antigermaniche e salta il banco.

Conte si ritira, l’indomani Mattarella chiama Cottarelli (l’ex commissario alla spending review) a formare un governo che andrà inevitabilmente incontro ad una sfiducia parlamentare già scritta, magari col solo voto del Pd, il partito degli sconfitti.

Che dire? Un scontro istituzionale così drammatico tra partiti (vincitori delle elezioni) e il capo dello stato mai si era visto e preoccupa non poco. Di Maio e i grillini evocano l’impeachment, ma seriamente è poco credibile il semplice avvio della procedura; Salvini invece chiede a ragione il voto subito, contestando la legittimità dell’ennesimo governo del presidente che espropria la volontà popolare.

Il voto verosimilmente arriverà a settembre e vincitori predestinati, tanto più dopo questo scontro che appare suicida per Mattarella e l’establishment, sembrano essere Salvini e, un po’ meno, Di Maio. Secondo voci poi non così pazze, anzi, potrebbero addirittura pensare di presentarsi alleati per dimostrare che si può vincere la sfida del popolo contro il palazzo.

E’ proprio su questo schema, popolo contro palazzo, che si affermano un po’ ovunque le forze cosiddette “populiste”. E’ un grosso errore banalizzarle quanto demonizzarle. Sono portatrici, spesso, di sentimenti profondi, aspirazioni sociali, rivendicazioni popolari o nazionali, anche paure e disagi cui però la modernità globalizzata egli assetti del potere attuali non sanno dare risposte diverse dalla semplice autoconservazione degli stessi mentre sempre più gente scivola nella marginalità, nella precarietà, nell’insicurezza, nella povertà.

Ma se la sfida diventa davvero “Popolo contro palazzo” nel nome della rivendicazione della sovranità nazionale contro poteri finanziari, è del tutto evidente che si apre uno spazio soprattutto a destra, una destra che è costretta, anche se non lo volesse fare, a ridisegnarsi e reinventarsi.

Non a caso Salvini avvisa Berlusconi che, ove sostenesse Cottarelli, l’alleanza sarebbe finita, ma anche la Meloni deve ripensare alla sua collocazione (dopo essersi riabbracciata di fatto col Cav nella partita del governo definendo Salvini “generale consegnatosi al nemico”).

E comunque sia, schermaglie a parte, chi guarda a destra non può che scegliere il popolo sopra il palazzo, la politica sopra l’economia, orgoglioso della sua appartenenza ad una nazione che mai potrà essere colonia di chicchessia.

twitter@robertomenia

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