Pubblichiamo l’editoriale di Roberto Menia apparso sul Giornale d’Italia del 5/3/2017
E se ripartissimo dalla sovranità della lingua italiana? Prima di programmi economici per abbattere il debito pubblico e stimolare la ripresa, c’è una cosa che una politica nuova e lungimirante ha l’obbligo morale di fare: ripartire dal proprio bagaglio culturale per ricostruire l’humus di una Nazione. E quale migliore collante della lingua italiana, spia di un universo storico, sociale e valoriale che la post modernità vorrebbe invece sotterrare?
Da quale tempo si moltiplicano le iniziative per tutelare la lingua italiana, apprezzata nei cinque continenti e finalmente studiata (di nuovo) dalle generazioni più giovani. Ma il passo mentale da fare non riguarda la difesa della lingua, bensì la sua promozione. Lingua uguale cultura, quindi bagaglio peculiare italiano che non può dirsi negoziabile. Quando immaginiamo traiettorie future da far compiere al nostro Paese dobbiamo partire da quella glossa che, ad esempio, ha fatto conoscere oggi in lungo e in largo l’italianità del commercio e della moda, e ieri la sterminata produzione letteraria, i grandi poeti e scrittori che hanno costruito un Paese anche grazie al loro marchio di fabbrica.
E’la ragione per cui un brivido, spiacevole e sinistro, scende lungo la schiena quando, anche oggi che non è più Premier, Matteo Renzi infarcisce di inglesismi inutili i suoi tweet e i suoi post. Chiariamo: conoscere la lingue è utile per non isolarsi e rapportarsi con gli altri, ma sloganeggiare finanche su viaggi e agenda per il solo gusto di scimmiottare altri leader è roba da piccini.
Un primo passo, sincero e utile, potrebbe essere quello di creare un’Autorità che di concerto con la Dante Alighieri lavori alacremente nelle scuole e in Parlamento, ovvero i due luoghi simbolo dove si assiste ad un uso forzoso dell’inglese, sempre e comunque. E soprattutto senza una buona logica applicazione.
“Conosci la terra dei limoni in fiore, dove le arance d’oro splendono tra le foglie scure, dal cielo azzurro spira un mite vento, quieto sta il mirto e l’alloro è eccelso, la conosci forse?” Parlava così Johann Wolfgang Goethe della nostra Italia, alta, bella e fantastica Patria della lingua italiana. Quante volte si siamo lamentati per il medioevo culturale in cui siamo piombati, quante volte abbiamo sollevato il sopracciglio analizzando quella pochezza che sta governando col pilota automatico scelte e direttrici di marcia?
E’giunto quindi il momento di porvi rimedio, senza megafoni o clave, ma semplicemente ricordando ai 60 milioni di italiani che la lingua che è stata loro insegnata è fonte di orgoglio, è mastice valoriale utile a ricostruire ciò che è stato distrutto. Compito della politica è disegnare scenari non gestire il passato impolverandolo e relegandolo a vecchia cornice.
La lingua italiana è il nostro biglietto da visita, è la carta di identità di una storia e di un popolo che troppo spesso è stato debole quanto a rivendicazioni e petto in fuori. Pochi giorni sono trascorsi dall’annuale ricordo della tragedia della foibe. Ecco, siamo di novo capaci di unirci e camminare insieme. Siamo di nuovo capaci di sentirci comunità con un obiettivo comune. Siamo di nuovo Movimento che procede, a fatica ma con speranza, verso la meta nazionale. Con nel cuore la sovranità della lingua italiana.