L’EUROPA, CASA NOSTRA E DIJSSELBLOEM

esterodi Roberto Menia

Per chi cerca di essere eurocritico e non semplicemente uno sfasciacarrozze, è difficile trattenere un moto di rabbia di fronte alle parole di un olandese, presidente dell’Eurogruppo (cioè l’organo che riunisce i ministri delle Finanze dell’Ue)  secondo cui “il Sud Europa (cioè noi) spende tutti i soldi in alcool e donne e poi chiede aiuti”…

Non solo sarebbe fin troppo facile rispondere a costui che il suo Paese è quello delle donne a pagamento in vetrina e della droga libera: a proposito di alcool sarebbe utile ricordargli che stiamo ancora aspettando che paghi i danni dei suoi ultras ubriaconi che devastarono la Barcaccia del Bernini in piazza di Spagna. Ma l’arte è cosa del Sud e forse non lo capirebbe…

Risulta pure difficile sentire il tuo presidente della Repubblica affermare che “nessun ritorno alle sovranità nazionali potrà garantire ai cittadini europei, pace, sicurezza, benessere e prosperità”. E questo non è solo un fatto “sentimentale” per cui da italiano avrei voluto piuttosto sentire una orgogliosa rivendicazione di identità oltre che di europeismo di maniera. Che la pace sia garantita da un patto europeo non c’è dubbio, ma sul resto è giusto rilevare come l’affermazione apodittica di Mattarella confligga con un altro passo del suo discorso laddove ricorda che “l’Ue e i suoi Stati membri nel 2000 hanno prodotto il 26,5 del Pil mondiale, percentuale scesa di ben 4 punti nel 2015”. La prosperità e i radiosi destini non stanno dunque più qui di casa…
Chiedere sovranità popolare e nazionale non è alzare genericamente il dito e puntarlo contro un luogo lontano e distante, ma significa recuperare l’identità dei cittadini depressi e avviluppati dalla crisi, caldeggiarne le istanze reali, non essere ciechi di fronte a ciò che sta accadendo a margine dei 28 Paesi membri.

La Commissione europea, oggi, è un architrave farraginoso e dal passo pachidermico che non è in grado di prendere una posizione sul caso siriano; che non riesce a contenere le mire espansionistiche di Erdogan; che non comprende come per aiutare un Paese in difficoltà come la Tunisia sia folle consentire l’acquisto di olio senza dazi, mortificando proprio chi, come noi, sull’olio potrebbe campare cent’anni; che non sa proteggere le imprese italiane desiderose di tornare a lavorare in Libia, mentre proprio dalle coste della Libia consentiamo che continuino a riversarsi verso l’Italia migliaia di africani (7.000 negli ultimi tre giorni) che stanno silenziosamente producendo una sostituzione di popolazione nell’Europa che invecchia e non fa figli…

E allora è giusto e doveroso chiedere un cambio di passo denunciando errori e orrori sulla base di dati e fatti che sono sotto gli occhi di tutti. Non è un capriccio ideologico dire stop alle deleghe in bianco. Se quest’Europa si vuol salvare deve ripensarsi davvero come Europa delle Patrie. Abbiamo il diritto di “riavere le chiavi di casa”, per scrivere e non farci scrivere il destino della nostra gente e della nostra Patria. Per questo saremo in tanti sabato prossimo a Roma: appuntamento alle 15 a piazza Santa Maria Maggiore. Con grinta. Con orgoglio.

Fonte: Il Giornale d’Italia del 23/03/17

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